Kendo Yondan

Nel 2005, quando entrai per la prima volta nel dojo dell’AIK Budokan Milano, mi misi in fondo alla fila, come la tradizione vuole. Nel kendo infatti, per il saluto iniziale e finale, ma non solo, ci si dispone in una fila ordinata per grado acquisito e anzianità di dojo maturata. Quel giorno non ricordo quanto persone avevo alla mia destra ma all’incirca erano almeno una ventina.

Anno dopo anno, per naturale turnover, esperienza e crescita di grado a piccoli passi la mia posizione nella fila si è progressivamente spostata sulla destra: dal non essere più l’ultimo della fila, alla metà della fila, fino ad essere più vicino alle “postazioni di testa”. Non ne ho mai fatto un obiettivo, anzi ho sempre trovato rassicurante avere alla mia destra quante più persone esperte e brave di me possibile da cui rubare qualche piccolo segreto ad ogni pratica.

Ho avuto fortuna di poter praticare regolarmente con yudansha di tutti i livelli: sesti, quinti, quarti, terzi, secondi e primi. Pian piano ho cominciato a realizzare che l’esame di quarto dan rappresentava una sorta di “scalino” in cui la selezione diventava più complessa rispetto ai passaggi di grado precedenti. Ho capito che arrivare a questo grado non sarebbe affatto stato un evento “scontato”. Raggiunto il terzo dan, superando tutti gli esami al primo tentativo, mi trovo ad affrontare la cruda realtà sbattuta severamente in faccia. Il mio primo tentativo per il yondan, atteso e non affrontato alla prima occasione per paura di non essere pronti, fallisce.

Un giorno il nostro sensei a riguardo dell’esame di quarto dan disse – all’incirca – queste parole: “fino al terzo penso che tutti con il giusto impegno, costanza e perseveranza ci possano arrivare, per il quarto dan invece tutto ciò non basta“. Questa frase mi è rimasta nella testa e da quel momento il superamento dell’esame di yondan è diventato il mio obiettivo fisso nella pratica quotidiana.

Ieri, 5/12/21, a distanza da 10 anni dall’esame di terzo dan, ho superato l’esame di quarto.

Ma questo non vuole essere un post di celebrazione bensì di ringraziamento. E’ vero che l’esame lo si deve sostenere personalmente ma il percorso di avvicinamento prevede necessariamente l’interazione con altre persone perché il kendo non può essere certo praticato da soli. E quindi il pensiero ricorre a quella fila di persone, ordinate secondo un preciso criterio a cui timidamente mi sono approcciato nel settembre del 2005. Il mio grazie è quindi rivolto inevitabilmente a:
– in primis a chi sta di fronte a questa fila: Edo sensei che mi ha accompagnato in tutti questi anni, non solo durante la pratica, ma domenica anche fisicamente fino a quel di Modena. Con lui, un grazie speciale anche agli altri maestri che ho avuto il piacere di ritrovarmi di fronte. In particolare Donatella e Kawane sensei per i loro consigli preziosi.
– alle persone alla mia destra, in particolare a quelle che c’erano anche in quel giorno in cui iniziai a praticare e che ancora oggi, dopo oltre 15 anni, sono ancora lì: Massimo, Giuseppe e Dominique. Senpai eccezionali dentro e fuori dal dojo, da seguire ed ascoltare ad ogni keiko.
– a quelli che potrei definire allineati a me, al di là di questioni legate al fatto di essersi uniti a pochi mesi di distanza, ovvero Giulio (compagno di tante avventure) e Bianca. E ci aggiungo anche Bruno il saggio. I compagni con cui misurare reciprocamente i piccoli progressi pratica dopo pratica (e ahimè talvolta anche qualche passo indietro).
– a quelli che oggi si trovano alla mia sinistra ma che tra qualche tempo potrei benissimo ritrovarmi alla mia destra: Brunella, Daniele, Emanuele, Valentina, Marco, Francesco, Alessio ed Elisa che in questo particolare momento condizionato dalla pandemia Covid-19, hanno portato un fresco entusiasmo e nuovi stimoli a fare sempre meglio.
– a quelli che comunque in quella fila ci sono stati negli anni precedenti, da ognuno ho imparato qualcosa di utile.
– a chi alla mia destra lo è stato per tanto tempo, sicuramente lo sarebbe ancora oggi, un quarto danguarda caso – che ho sempre apprezzato ed ammirato per la bellissima tecnica ma che purtroppo non c’è più: il tanto rimpianto Pino.

È così che ho pensato alla fila domenica pomeriggio subito dopo aver ritirato il diploma. Ho pensato che in questa fila è bello avere un posto, in quale punto non importa. L’importante è sapere che chi si trova alla propria sinistra, a destra o chi ti è di fronte è una risorsa preziosa da cui attingere ma anche qualcuno a cui è doveroso restituire sempre quanto si riceve secondo quello che è il vero spirito del kendo.

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